Conosciamo da sempre la sensibilità di questa corrente artistica alle problematiche reali della popolazione, specchi spietati della società, non sono abituati ad addolcire la pillola anche quando questa si presenta particolarmente amara.
Sempre sul pezzo, pungenti, irriverenti e ribelli, anche questa volta gli street artist non si sono fatti intimorire dalla pandemia che ha travolto tutto il mondo e hanno continuato a far sentire la loro voce in silenzio, come sono soliti fare, servendosi solamente delle loro mani e del loro incredibile talento.
Conosciamo da sempre la sensibilità di questa corrente artistica alle problematiche reali della popolazione, specchi spietati della società, non sono abituati ad addolcire la pillola anche quando questa si presenta particolarmente amara.
Combattenti pacifici e sempre in prima linea contro i soprusi e le brutture del sistema, hanno fatto, anche in questo caso, delle bombolette spray le loro armi più potenti.
Los Angeles, Rio de Janeiro, Roma, Parigi, Berlino, Mumbai, Hong Kong, Amsterdam sono solo alcune tra le città decorate da murales con tema coronavirus… l’emergenza ha davvero ispirato i principali artisti di tutto il mondo che hanno condotto la propria lotta al virus con temi quali il sostegno e la denuncia.
Non poteva mancare all’appello Banksy, probabilmente il writer più conosciuto del pianeta, che durante il periodo di lockdown non ha mai smesso di creare.
Al centro della sua prima opera “in quarantena” troviamo un lampante riferimento allo smart working, il lavoro da casa, una delle parole più utilizzate di questo periodo.
Ed è così che l’artista inglese ha invaso i muri del proprio bagno con i suoi celebri topini che, mettendo a soqquadro l’ambiente, evocano sentimenti di caos e claustrofobia come segno di solidarietà per le persone costrette a vivere in isolamento.
La caption geniale del post pubblicato sulla sua pagina instagram @banksy è tutto sarcasmo: «Mia moglie odia quando lavoro a casa».
Banksy, ha reso omaggio ai medici di tutto il mondo, con la sua opera chiamata “Game Changer”
Banksy, inoltre, ha recentemente reso omaggio ai medici di tutto il mondo, che stanno combattendo in prima linea contro il Covid-19, con la sua opera chiamata “Game Changer”, nella quale viene raffigurato un bambino che, abbandonati i tradizionali supereroi, si diverte a far volare uno tra gli eroi protagonisti dei nostri giorni: una infermiera, con tanto di mantello e mascherina.
Si tratta di un disegno, grande circa un metro quadrato, che è stato appeso vicino al pronto soccorso dell’ospedale di Southampton, Inghilterra meridionale, in accordo coi vertici dell’istituto.
Come Banksy, così tantissimi altri… Un movimento artistico d’avanguardia che, anche in questa situazione, ha espresso il proprio linguaggio di denuncia e riflesso della realtà con graffiti a volte malinconici, altre volte di omaggio agli operatori sanitari ma che nella maggior parte dei casi assumono un sapore tragicomico (prendiamo ad esempio la carta igienica o il disinfettante mani o la farina che sono diventati il nuovo tesoro di questi tempi e prontamente non sono mancati gli speculatori su questi bisogni! ????).
Potenti simboli di narrazione e provocazione, questi lavori, anche se impressi su tele effimere soggette all’usura da parte del tempo e dei fenomeni atmosferici, resteranno per sempre testimonianza di un periodo storico eccezionale grazie alle numerose testimonianze digitali e agli strumenti social figli dei nostri tempi, facendosi portavoce di tutte le persone che questa epoca la stanno vivendo in prima persona.
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